| è passata una settimana, è vero. confesso di
            non averti pensato molto, ma ora che sei qui mi scopro felice. come
            siamo diversi! tu bianco, solare, splendente; io nera, siderale,
            fotoassorbente. eppure soffriamo dello stesso malessere: lo fiutavo
            sai, non ho mica avuto bisogno di leggere le tue poesie per capire. ci muoviamo di sbieco, cauti come su di una
            scacchiera; vieni, passiamo di qua: è sicuramente meglio scontrarsi
            con dei carrellini metallici piuttosto che con delle persone.
            rondelliamo per i vicoletti in cerca di un posto per pranzare, e si
            finisce nel ghetto ebreo, chissà perché. ma va bene: prima di
            tutto il menù della trattoria è splendido, scritto in dialetto
            locale, poi la situazione atipica stimola la nostra fantasia. la pancia si riempie, il bicchiere si vuota e si
            diventa audaci: senti, parliamoci chiaro, tu vuoi? io voglio,
            freghiamocene e andiamo. andiamoci in quell'isolotto dal profilo
            perfetto che ci promette un mix lisergico di leggende e fenomeni
            naturali. carica il tuo zaino di tutto quel che serve: la pipa, un
            coltello e tutte le più nobili speranze; indossa l'australiana e
            partiamo. la mia vecchia automobile mi ha promesso di arrivarci, fin
            là; di più non può, dopo dovremo arrangiarci. ma abbiamo le
            nostre mappe, ed estro, e intuito: ce la caveremo. lo spirito lo compreremo in una piccola bottega
            appena arrivati sulla costa, una signora anzianotta ci servirà
            gentilmente, tu parlerai (io non conosco la lingua) ed io approverò
            senz'altro la tua scelta. poi avremo bisogno di un posto per
            dormire, e qui spenderemo più tempo, ma alla fine so che troveremo
            quel che avevamo in mente, e -con un po' di fortuna- pioverà. forse ci stringeremo sotto le coperte,
            appoggiando la schiena a quegli insoliti cuscini che si usano lì,
            lieti di scoprire un intreccio di screpolature curiose sul soffitto
            che ci terrà svegli tutta la notte immaginandovi simboli druidici,
            indicazioni misteriche e chissà cos'altro. quanta decadenza!
            troveremo pure dell'essenza di muschio bianco e l'occorrente per
            preparare il tè; solo un tappeto un po' consumato e lo spiffero
            freddo dalla finestra, ma niente di che. lì succederà qualcosa
            d'insolito, potremo finalmente seppellire vessillo e armatura, e
            l'ordine verrà ristabilito. poco più tardi sentiremo bussare alla porta:
            saranno la dea della saggezza e l'erede del divino, seguiti da altri
            personaggi bizzarri, libertini, ladri, pazzi e visionari, tutti
            quelli che abbiamo avuto cari finora (come sono giunti fin qua? ah,
            ma che importa!) li faremo entrare, e non avremo paura -c'è questa
            sensazione d'onnipotenza- offriremo loro del Calvados, il migliore,
            brinderemo insieme fino all'alba e per la prima volta dopo anni ci
            sentiremo liberi e di poco peso, davvero. il giorno dopo sarà un giorno tutto diverso, ci
            sarà un sole tiepido, la bassa marea ed un vento umido. e noi, con
            un golfino in più -ché fa fresco- e il naso all'insù come bimbi
            al primo giorno di scuola, stupiti, leggeri, curiosi.
             by ittica 2001
             |